Mare e coste di Puglia

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Una delle caratteristiche paesaggistico-ambientali della regione è indubbiamente il mare, legato all’eccezionale sviluppo delle sue coste ed alla sua configurazione di ponte fisicamente proteso ad Oriente, in bilico tra Ionio ed Adriatico. E’ il mare a raccontare la Puglia nota e meno nota, la Puglia dei porti, dei fari, delle torri, quella delle cattedrali, dei castelli, dei Turchi e dei Veneziani, ma anche quella delle quotidiane lotte e delle fatiche per la sopravvivenza, degli scampati pericoli e dei ringraziamenti. E’ il mare che spiega le ragioni di una civiltà assistita da santi giunti da lontano, da madonne benevolenti che hanno scelto queste coste e non altre per esercitare la loro protezione. Ed è ancora il mare che ritorna nelle storie eroiche, nelle leggende, nelle tradizioni, nelle consuetudini. La costa è di natura assai varia, ora alta e a strapiombo sul mare, ora bassa e sabbiosa, totalmente vulnerabile, così come lascia intendere l’ininterrotta catena di torri di avvistamento ormai abbandonate, un tempo infaticabili sentinelle di quel minaccioso orizzonte quotidianamente insidiato dall’arrivo di nemici. Superato l’inconsueto scenario lagunare della costa più settentrionale, che ha strappato al mare i laghi di Lesina e Varano, poco oltre, tra San Menaio e Rodi, si dispiega un’ampia distesa sabbiosa, preludio di quell’arcigno Gargano che più spesso lascia spazio a bianchissime ed alte scogliere a picco, punteggiate dai tipici trabucchi abbarbicati sulle sue asperità. Lingue di sabbia si insinuano qua e là ai piedi di Peschici e Vieste, città arroccate sulla roccia bianca e ancora memori dei tanti pericoli arrivati dal mare, e fino alle porte di Mattinata, nelle baie talora accessibili solo al mare, di fronte ai faraglioni ed ai piccoli scogli affioranti che sembrano essere stati scagliati in acqua da invisibili giganti. La costa si distende finalmente da Manfredonia in giù, interrotta per alcuni chilometri da bianchissime distese di sale che all’improvviso ci proiettano in un paesaggio quasi lunare: siamo nel territorio di Margherita di Savoia, dove mare, sole e terra si incontrano in montagne di cristalli incandescenti, che luccicano come diamanti incrostati sulla riva. Uno scenario surreale, originato dalla bonifica di un lago salmastro e modificato pazientemente dall’uomo, che lo ha trasformato in una grandiosa industria a cielo aperto, nella quale la naturale evaporazione dell’acqua prelevata in mare genera continuamente nuove dune di cristallo, e dove l’ambiente offre rifugio a migliaia di uccelli acquatici e a spettacolari ed esotiche esibizioni di volo. Corre veloce fino al Salento, interrotta solo in brevi tratti da scogliere basse, insenature e promontori sfruttati nei secoli dall’insediamento costiero e portuale, votato ad intrattenere con il mare un legame di vitale importanza. Allineate ed impettite come sentinelle, sfilano lungo questa costa bianche cattedrali di mare, segni di altrettante città delle quali avevano il compito di segnalare la presenza come se fossero fari. E per chi giungeva dal mare, guerriero, mercante o pellegrino che fosse, gli alti campanili visibili in lontananza avevano il potere di rassicurare, garantendo quanto meno la certezza della protezione divina. E filano anche tante torri ed i tanti fortilizi, che non sempre bastarono a scongiurare il terrore e la morte giunti anch’essi dal mare. A sud di Brindisi entina, tra asperità lunari incontaminate ed improvvise concentrazioni verdi, si spinge all’oriente estremo toccando Otranto, concedendo una sosta al dispiegarsi affannato dei chilometri in quel di Leuca in cui le acque dell’Adriatico e dello Ionio si mescolano e si fa impercettibile la linea Oriente e Occidente, tra passato e presente, tra storia e leggenda. Qui si ha veramente l’impressione di essere “ai confini della terra”, al margine estremo della realtà conosciuta, e si avverte con un brivido lo scarto tra il misurabile al di qua e l’inconoscibile al di là delle acque. Doppiato il capo di Leuca, ritorna infuocata la costa sabbiosa che passa da Ugento e Gallipoli, da Porto Cesareo e Campomarino, per sino a Taranto e perdersi oltre i confini regionali al di là di Ginosa e Castellaneta. Lungo questi ottocento chilometri di costa tanto varia, grotte ed anfratti insospettabili si aprono nei tratti più aspri e rocciosi, talora dissimulati dalla vegetazione che precipita quasi a picco nelle acque.


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