Ostuni: ancorata nei secoli, sembra che voli

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A chi viene dal mare Ostuni di sera sembra l’astronave di incontri ravvicinati del terzo tipo. Come nel film di Steven Spielberg, sospesa a mezz’aria sulle luci abbaglianti, pare stia per schizzare verso il cosmo, rinserrata nelle massicce mura circolari che la difendono. Ma anche di giorno, alla luce classica dell’estate salentina, la “città bianca” si abbaglia delle passate di calce sulle pareti. E si arrampicano quelle pennellate, per vicoli e scalinate, per corti e piazzette, per terrazze e camini, eredità di una civiltà contadina che viveva di cultura del vicinato, di economia del cortile e si stringevano per ripararsi dalla tramontana e dal levante che infilano di brividi questo nido di vento. Ostuni è ora fra le capitali del turismo pugliese. Anzi con i suoi 240 metri di altezza, si sporge come rifugio contro i furori dell’afa che impiomba, più in basso, i lunghi arenili. E nei tre mesi della stagione piena, è un incessante sciamare nella vertigine della Terra, il centro storico medievale: ora serpeggiante di stradine strettissime, tra fughe di archi e case-grotta l’una sull’altra a farsi calore: ora arioso di inaspettati palazzotti, di balconcini barocchi, di leziosi portoni, di stemmi gentilizi, di lampioni d’epoca, di chiese, di fontane, negozietti. E’ la grande piazza della Libertà il cuore di Ostuni, e si capisce. Qui il ciarlare dei bar, il cicaleccio degli incontri non sembrano turbare il cipiglio di Sant’Oronzo, protettore di Ostuni come di Lecce, che dall’alto della sua decoratissima colonna barocca sorveglia e benedice un po’ ricurvo di acciacchi. Ben altro ci vuole per un santo che nel 1657 non indietreggiò nemmeno davanti alla peste. E la Cavalcata del 26 agosto, con la sua statua d’argento in giro per i saliscendi scortata dai cavalieri in uniforme spagnolesca, rievoca appunto gli onori che gli furono conferiti quando la tremenda epidemia fu schiacciata. Per il santo c’è soprattutto la voce dei secoli. Anzitutto lo stupendo ex convento trecentesco ora sede del municipio. E poi la Biblioteca Comunale, oltre 60 mila volumi affluiti da conventi soppressi e da donazioni private: preziosa la Tabula Peutingeriana del XII-XIII secolo, fra le carte più antiche del mondo. Attigua alla chiesa di S. Francesco d’Assisi, data di nascita 1304, autentiche opere d’arte due suoi altari, ricca di statue e dipinti. Ma poi, abbracciata la grande piazza, l’onda dei turisti è risucchiata nell’itinerario più classico verso il cuore più antico della “città nuova”. Sulla via della cattedrale ecco subito a sinistra un fabbricato che potrebbe passare inosservato e invece già nel 1300 era sede della corte di giustizia e nel 1639 passò al feudatario usurpatore Giovanni Zevallos. Solo trenta metri più avanti. Ed eccone un altro, facciata neoclassicista, anch’esso residenza degli Zevallos, uno stupendo portale rinascimentale. Altre poche decine di metri per largo Pietro Sansone: ora un po’ soffocato da costruzioni, non tanto però da nascondere il brulicare di fregi, portoncini, finestre. Ancora quattro passi e siamo al monastero e alla chiesa sconsacrata delle Carmelitane: la seconda, barocca, ospita ora una strana ragazza, Delia, 20 anni, le sue ossa scoperte rannicchiate, un braccialetto di conchiglie e la mano a proteggere il bambino che aveva in ventre. Visse quasi 25 mila anni fa, è stata trovata nel 1991nella grotta Si Agnano e non si soggiorna a Ostuni senza andare . Subito il pesante arco di un tunnel di pietra, dove insiste palazzo Incalzi, introduce alla cattedrale dedicata a Santa Maria dell’Assunzione, stile gotico-romanico, fra le più belle di Puglia. Ma incompleta ancora sarebbe senza la sua deliziosa piazzetta e senza, soprattutto, il monumentale arco-corridoio dell’Episcopio. E lo stemma della regina Bona Sforza, che qui si vuole abbia abitato: forse di giorno affacciandosi, al tempo scandito dalla meridiana fin oggi sopravvissuta.


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