Le neviere: industria del freddo

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Da sempre l’uomo ha avuto l’esigenza di trovare refrigerio, specie durante la stagione estiva. In passato l’uomo, per godere del privilegio di avere bevande e cibi freddi durante i mesi torridi, si ingegnò utilizzando ciò che la natura gli metteva a disposizione: la neve. Essa, in passato, era merce preziosa ed un’abbondante nevicata era considerata una benedizione. Con ogni mezzo l’uomo cercò di utilizzare questo prezioso genere anche quando madre natura non lo forniva, ossia durante la stagione estiva. Nei paesi a clima temperato, l’utilizzo della neve era consuetudine sia per l’uso alimentare sia per quello medico: serviva per preparare sorbetti e bevande, per conservare cibi, come riserva di acqua potabile per i periodi di siccità, ma era usata anche per curare febbri, accessi, contusioni ecc. La neve veniva raccolta in luoghi esposti a nord, freschi ed umidi, quali sotterranei, grotte, scantinati e fosse oppure in costruzioni apposite, chiamate neviere. Esse assunsero forme e tipologie diverse in funzione della zona geografica in cui si trovavano ed a seconda delle necessità locali. In alcune zone dell’Appennino, le neviere erano delle semplici buche nel terreno, pressoché circolari, con diametro di circa 5-10 m. e profonde altrettanto, con pareti di rivestimento in pietra in cui veniva conservato il ghiaccio. In altre zone, specie nell’arco alpino ma anche in molte zone appenniniche, erano delle vere e proprie costruzioni in muratura, con il tetto a due e a quattro falde, senza finestre e con la sola porta di accesso. Da noi le neviere sono a forma di trullo. Nella neviera si formavano più strati di neve intervallati da strati di frasche, foglie secche e paglia, che avevano funzione isolante. Questo sistema consentiva di mantenere freddo lo strato di neve quando lo si estraeva. La neviera aveva un’apertura sulla cima del cono del trullo per il carico di neve fresca e per il prelievo aveva l’ingresso rivolto verso Nord, per ridurre l’irraggiamento solare diretto verso l’interno; anche la porta d’ingresso era schermata da una fitta copertura di frasche. La neve veniva compressa affinché la neviera potesse contenerne grandi quantità. La neviera, era stata pulita in precedenza e, sul fondo, era stato depositato lo strato di paglia. Al suo interno operavano gli insaccaneve che calzavano sopra le scarpe e pantaloni dei sacchi di canapa legati all’altezza delle cosce per evitare di sporcare il prodotto durante il lavoro. Questi erano muniti di appositi attrezzi di legno detti Paravisi aventi una forma rettangolare, che cominciavano a comprimere la neve depositata; con strati di circa 40 e 50 cm. Poi, la neve era coperta da uno strato di paglia avente una qualità diversa dalla prima, essa era detta la Cama, e derivava direttamente dalla frantumazione della spiga del grano; mentre la paglia vera e propria era ricavata dallo stelo della spiga. In questo modo, si riempiva la neviera fino al raggiungimento del bordo superiore. Qui l’ultimo strato di paglia era più abbondante. Infine, si ponevano molti sacchi di canapa, uno strato di terra, delle tavole pesanti che premevano sulla neve sottostante coperte da ampi teloni, si sovrapponevano le ramaglie di ginestre che fungevano da camera d’aria: il tutto era ricoperto da altre tavole.


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